Capre, caproni, ca…

In questi e altri modi siamo stati etichettati noi che, ieri, non abbiamo votato al referendum. A differenza di tanti che oggi si fanno vedere sconvolti sui social, io ho sempre votato, anche quando si trattava “solo” di rinnovare un’amministrazione provinciale. Ho sempre votato perché credo, fermamente, che il cambiamento passi attraverso una X su una scheda elettorale, apposta con la speranza di aver fatto la scelta giusta e non per aver ricevuto il buono di benzina, o per aver ricevuto favori, o per votare il fratellino, il cognatino, il caprone di turno.

Ma a questo referendum, no. Ho ritenuto che questo referendum offendesse me e la mia intelligenza, per le seguenti ragioni: primo, una campagna “per il si” assolutamente ingannevole, tant’è che in tanti hanno pensato di votare perché non ci fossero più trivellazioni in mare.

Secondo: se vi è la possibilità di danni ambientali per eventuali sversamenti, tutta la legge (che pure deve avere dei criteri) è opinabile; infatti, che qualcuno mi spieghi la differenza tra 11.999 e 12.001 miglia, considerato che un eventuale sversamento  non riuscirebbe a “contenersi” entro un confine.

Terzo: o proviamo, realmente, a individuare e utilizzare seriamente sistemi di energia alternativa, o spiegatemi la differenza tra il “nostro” territorio e il “nostro” ambiente che va tutelato, e tutto il resto del mondo da dove petrolio e metano vengono estratti (per la serie, il mio mare sia pulito, quello degli altri chisene…).

Quarto: una legge non piove dall’alto, la fanno quelli stessi che abbiamo votato, per cui è vero che abbiamo quello che meritiamo, perché quei signori lì (a parte Renzi, che è uno) ce li abbiamo messi noi. Quinto: io non entro e non mi faccio mettere in mezzo nella gara tra chi, Renzi e “scissionisti”, ce l’ha più duro.

Giusto o sbagliato, ognuno misuri il proprio senso civico con la propria misura. E ricordiamocene anche quando, con il buono di benzina e la cena pagata, voteremo quei “signori” lì.

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18 aprile 2016

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